7 Gennaio 2021 - News medica, News Organi Tecnici
Quella svolta del sentiero…
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Stefano Piana
stefano.piana@iccampomoroneceranesi.edu.it
Quante volte capita di svoltare una curva del sentiero e trovarsi di fronte a ciò che non ci si sarebbe atteso: un arduo nevaio fuori stagione, un’impennata vertiginosa della via quando ormai si è in riserva di energie, un temporale sfuggito alle previsioni più aggiornate e precise, una frana…
La montagna, è vero, insegna anche la rinuncia, anzi forse proprio questo è uno dei suoi più preziosi insegnamenti: un ostacolo imprevisto ti mette di fronte alla verità e alla responsabilità dei tuoi limiti, alla necessità di conoscerti e riconoscerti. E talvolta proprio quella svolta ti può aiutare a fermarti, ascoltarti, ascoltare e osservare: ci può essere un’altra via, un altro passaggio, un altro modo. Non si tratta allora di tornare indietro, ma di intraprendere, appunto, un’altra via.
Il progetto montagna, come sinteticamente chiamiamo il progetto educativo e didattico “Le Classi delle Montagne” attivo da diversi anni nella scuola dove insegno, aveva già dimostrato di essere assai prezioso per l’inclusione di alunni che si trovano a dover fare i conti con disturbi dello spettro autistico. L’esperienza del camminare insieme ai compagni, del condividere la fatica e la meraviglia, dell’affrontare l’imprevisto, del gioire per la meta raggiunta insieme… trasfigurano le relazioni e creano un gruppo classe nel quale non contano la performance individuale, le abilità del singolo, ma la condivisione dell’esperienza e degli apprendimenti, la scoperta e il riconoscimento della ricchezza e della complementarietà delle differenze individuali.
Ma, all’improvviso appunto, quella svolta del sentiero.
Tempo di iscrizioni, si cominciava a ragionare sull’anno scolastico successivo, sulla nuova classe prima, la Sesta Classe delle Montagne. Già cinque volte avevo percorso questo sentiero, ormai credevo di conoscerlo bene quando, all’improvviso, quella svolta e l’imprevisto: la sfida di un incontro. Già, perché girato l’angolo ho incontrato due genitori intimoriti per l’imminente passaggio alla scuola media del loro primogenito ma determinati a garantirgli ciò a cui ha diritto: una scuola piena e a sua misura. Il progetto montagna può fare per loro?
Al termine di questo primo colloquio, confesso, anch’io ero un po’ intimorito. Pensavo alle escursioni e ai viaggi in montagna, le esperienze in grotta, le notti in rifugio. Fino a quel momento ero sempre stato convinto che il progetto montagna fosse un buon progetto. Ero convinto che il nostro progetto, il nostro modo di intendere, di proporre e di vivere la scuola fosse il modo giusto per perseguire l’inclusione. Fino a quel momento. Fino a quella svolta.
Avevo conosciuto Diego qualche mese prima, avevo scambiato con lui qualche battuta nel vociare di una pizzeria dove casualmente ci eravamo incontrati ed eravamo stati presentati. Ne avevo però sentito parlare, dalle mie parti tutti conoscono la sua storia. Un drammatico incidente. Una comunità sconvolta. Pare non ci siano speranze, eppure si spera. Chi può prega. Tutti si stringono attorno alla famiglia. La competenza, la perizia e le cure dell’ospedale Gaslini di Genova prima e del centro di riabilitazione Medea di Bosisio Parini poi, ma soprattutto la determinazione e la resistenza dei genitori, fanno sì che Diego si salvi. Purtroppo la deambulazione e la vista restano segnate. Ma Diego ha una forza e un’energia contagiose. Di quel nostro primo incontro casuale mi porto dentro il suo sorriso e il suo entusiasmo.
Tornando a casa, ripensando a quei genitori che avevo appena conosciuto e a quel sorriso e a quell’entusiasmo che mi avevano colpito nel profondo, mi è tornato in mente il primo colloquio che avevo avuto con la nuova Dirigente Scolastica, nominata in reggenza, Elena Tramelli. Le avevo subito presentato il nostro progetto montagna e lei si era immediatamente entusiasmata e aveva rilanciato. Grazie alla sua professionalità ed esperienza, alla sua sensibilità e attenzione al tema dell’inclusione, quella volta ci eravamo lasciati concordando che: o il progetto è aperto anche a chi si deve confrontare con la disabilità fisica o deve essere cestinato. Sì, perché la scuola della Costituzione o è strumento per rimuovere gli ostacoli che possano impedire il pieno sviluppo della persona umana o scuola non è. Se si porta la montagna a scuola, o meglio, se si portano gli alunni in montagna, alla scuola della montagna, o li si portano tutti oppure il progetto non ha senso né valore.
Ma insieme ce la possiamo fare, ce la faremo. Perché la montagna è si fatica, è si impegno, ma è anche bellezza e tutti hanno diritto alla bellezza, a questa bellezza. Nessuno, se ha voglia di provarci, deve essere escluso.
Ecco perché ho cominciato a cercare, a informami, a documentarmi, a prendere contatti… Ho ripreso in mano vecchi numeri di riviste CAI in cui ricordavo di aver letto qualcosa a proposito di disabilità e montagna, di ausili progettati a posta… Perché una delle maestre di Diego aveva avuto l’idea di proporgli il progetto montagna e ne aveva parlato alla Dirigente. E la Dirigente mi ha subito chiamato: professore, ecco l’occasione per dare corpo alle nostre riflessioni, ecco la prova.
E ancora una volta ho sperimentato che il segreto sta in quella piccola ma preziosissima parola: insieme. Gli amici del CAI, i volontari della Croce Rossa e del Soccorso Alpino. Diego, la sua famiglia e i suoi compagni. Noi docenti e tutto il personale scolastico. Gli enti e le associazioni del territorio. E, ovviamente, le persone di buona volontà.
E così a settembre, all’avvio del nuovo anno scolastico eravamo pronti e quando è arrivata la domanda, la risposta è stata convinta e convincente: “Abbiate pazienza, vedrete. Faremo tutto come sempre, anzi faremo di più. E lo faremo insieme”.
Diego, infatti, dopo la prima settimana di scuola ha dovuto assentarsi per una quindicina di giorni per una serie di controlli e terapie al Gaslini. Quando quasi al termine di questo periodo tra me e la classe si era cominciato a creare un clima di rispetto e fiducia, ecco appunto la domanda:
“Prof, ma come faremo a fare le escursioni con Diego?”
La Sesta Classe delle Montagne sta per iniziare la terza media. Insieme abbiamo affrontato anche la DAD, la didattica a distanza, inventandoci escursioni e viaggi di istruzione virtuali che ci hanno insegnato a coltivare il desiderio, il desiderio di calcare dal vero le valli alpine e appenniniche, di sudare ancora lungo gli splendidi sentieri che innervano la nostra splendida penisola, monti che si abbandonano all’abbraccio del mare. Non sappiamo come si svolgerà questo ultimo anno di scuola media, ma tutti abbiamo una voglia matta di inaugurare la nostra nuovissima joëlette, perché ora, finalmente, per la generosità di uno sponsor (Liguria Consulting Solutions) e per l’impegno del Lions Club Alta Valpolcevera, la nostra scuola e il nostro territorio hanno una joëlette.
Avevamo conosciuto la carrozzina da trekking in Valle d’Aosta a fine prima media ed è stato amore a prima vista: abbiamo percorso un tratto di via francigena e alcuni sentieri della Val di Rhemes. Poi, lo scorso anno, l’abbiamo ritrovata a Ostana, in Valle Po e, grazie alla disponibilità degli amici del CAI Spezia, abbiamo potuto utilizzarla anche sui sentieri che percorrono i nostri monti. Poi è stato lockdown.
La joëlette non è un banale ausilio per aiutare chi è in difficoltà, è un autentico dispositivo pedagogico, un catalizzatore di energie positive, uno strumento che aiuta il gruppo a vivere la montagna più lentamente e, dunque, favorisce l’osservazione e la scoperta, quella che mi piace chiamare l’avventura della lentezza. Si possono aprire, spalancare tutti i sensi non solo la vista, perché la montagna non è solo panorami da guardare, è anche odori e profumi, suoni rumori mormori e silenzi, sapori e poi le sensazioni sulla pelle…
Grazie a quella svolta del sentiero, grazie a quell’incontro con Diego e la sua famiglia – non eroi, o supereroi: non nascondono le difficoltà, le paure, le delusioni anche; ma persone con la grinta riservata dei liguri di montagna che non mollano – il progetto montagna è cresciuto, si è aperto, ha trovato la via giusta, l’Alta Via dell’Inclusione, via che abbiamo intrapreso consapevoli che si tratta di una lunga, lunghissima traversata, faticosa ma impagabile quanto a soddisfazione perché non c’è riconoscimento più grande per un insegnante che scorgere il sorriso soddisfatto negli occhi dei suoi alunni che hanno faticato per raggiungere una meta che non era per niente scontata: ce l’abbiamo fatta, prof!
Mi piace paragonare i ragazzi cosiddetti disabili agli alpinisti che aprono nuove vie: basta mettersi al loro fianco, ascoltarli e riconoscere la ricchezza di opportunità e doni che loro e solo loro, certo con la loro storia anche di sofferenze, possono offrire ai compagni, ai docenti, alla scuola, alla società. Penso non solo a Diego ma anche agli altri ragazzi e ragazze che in questi anni ci hanno insegnato che la normalità non esiste, che ciascuno è unico, originale, fragile, insostituibile. Loro hanno aperto la via, l’Alta Via che ora finalmente possiamo percorrere con la nostra joëlette, arrivata fiammante a fine lockdown quasi a confermare simbolicamente che c’è ancora del cammino da fare, si può ancora camminare, la selva della pandemia è oscura, selvaggia, aspra e forte, ma ri-usciremo insieme a riveder le stelle…